Fumo e inquinamento ambientale: c’è un collegamento?

Focus

Il fumo e l’inquinamento dell’aria ambientale hanno meccanismi biologici comuni che li rendono fattori di rischio di morbilità e mortalità soprattutto collegati a malattie cardiovascolari e a decessi causati da alterazioni gravi del ritmo cardiaco (o aritmie). Entrambe, infatti, provocano vasocostrizione e cambiamenti nei tessuti che rivestono l’interno dei vasi sanguigni e aumento della pressione arteriosa.

Inoltre, fumo e inquinamento ambientale causano anche reazioni infiammatorie e stress ossidativo cronico alla circolazione sanguigna. Questi due eventi facilitano la progressione dell’aterosclerosi, portando ad uno squilibrio del sistema nervoso autonomo, che può provocare poi disturbi del ritmo cardiaco fino addirittura a provocare il suo arresto. Quindi, è plausibile che questi due importanti fattori di rischio possano interagire se presenti contemporaneamente, diventando ancora più pericolosi rispetto a quanto già non lo siano singolarmente.

Fumo attivo e passivo: quali i danni per la salute e per l’ambiente?

Riguardo al fumo della sigaretta, si distingue fumo attivo e passivo. Quest’ultimo corrisponde a quello inalato involontariamente dalle persone che si trovano vicine a uno o più fumatori "attivi". Il fumo passivo, inoltre, si considera il principale inquinante degli ambienti chiusi. Il fumo attivo, invece, rappresenta quello respirato direttamente dal fumatore e rappresenta una delle cause maggiori e indipendenti di malattie cardiovascolari peggiorate dalla presenza di coaguli che circolano nel sangue.

Anche l’esposizione involontaria al fumo di sigaretta sembra essere correlato allo sviluppo di malattie cardiovascolari.

In generale, il fumo è il responsabile di almeno il 50% delle morti evitabili, la metà delle quali sono dovute a cause cardiovascolari. Il rischio di mortalità cardiovascolare a 10 anni è raddoppiato nei fumatori rispetto ai non fumatori, e anche quelli di età inferiore a 50 anni hanno un rischio 5 volte più alto che nei non fumatori.

Il fumo di sigaretta (sia attivo che passivo), il secondo più potente fattore di rischio per la salute dell’uomo dopo l’ipertensione arteriosa, causa ogni anno almeno 8 milioni di morti per malattie respiratorie, cardiovascolari e tumori. In questa triste classifica, le polveri sottili si classificano al sesto posto tra i fattori di rischio per la salute umana, causando in tutto il mondo fino a 6.7 milioni di morti all’anno per le stesse cause del fumo di sigaretta. Si può dire, quindi, che l’inquinamento ambientale è un fattore di rischio cardiovascolare più debole del fumo: per esempio, una sigaretta inquina quattro volte di più rispetto al motore di un camion o di un autobus acceso per lo stesso tempo in cui questa viene fumata.

Inquinamento ambientale e polveri sottili: qual è il contributo dei combustibili solidi?

A partire dal 2000, sono emerse forti evidenze sul ruolo dell’inquinamento dell’aria ambientale come fattore di rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare.

L’aumento del rischio per la salute umana è determinato soprattutto dall’esposizione ambientale alle polveri sottili, ovvero pulviscolo così fine e leggero da rimanere facilmente sospeso in aria e quindi respirato. Le sue particelle sono davvero minuscole: il diametro è inferiore a 2.5 micrometri (PM2.5) e per questo ormai è considerato il più nocivo inquinante dell’aria ambientale.

Una grande meta-analisi ha dimostrato che, insieme ad un aumento costante di 10 microgrammi di concentrazioni ambientali di PM2.5, si rileva un aumento del 6% della mortalità dovuta a qualsiasi tipo di causa e del 15% della mortalità causata da malattie cardiovascolari. Le più importanti fonti di polveri sottili e, quindi, di inquinamento dell’aria ambientale sono il traffico di veicoli a motore alimentati da combustibili fossili e l’uso sia di combustibili fossili che di biomasse per il riscaldamento degli ambienti domestici e pubblici.

Sono molti i paesi Europei che hanno fatto passi avanti nella diminuzione dell’utilizzo dei combustibili solidi come il carbone, eccezion fatta per la Polonia. Se però consideriamo i limiti per l’emissione di inquinanti annuali e giornalieri proposti dall’OMS, più idonei a tutelare la salute rispetto a quelli dell’Unione Europea, più del 90% delle aree urbane del continente non li rispetta.

L’OMS intende abbassare ulteriormente questi limiti nel prossimo decennio, perché giudicati non del tutto efficaci. L’Italia, nonostante sia tenuta a seguire i più permissivi limiti europei, continua ad infrangerli. Questo comportamento può essere in parte spiegato dalla minore sensibilità al problema: i decessi da inquinamento sono visti più come dati statistici che come decessi veri, forse perché gli effetti di fumo e inquinamento ambientale purtroppo si manifestano dopo mesi e anni. Questa teoria è avvalorata dai risultati ottenuti da un’indagine: ai cittadini italiani è stato chiesto quali secondo loro sono i settori più importanti a cui destinare eventuali fondi. Purtroppo, solo il 3% degli intervistati considera necessario un investimento legato a clima e ambiente.

Inquinamento dell’aria durante la pandemia di Covid-19

Durante la pandemia di Sars-CoV-2, le restrizioni imposte dai governi hanno provocato una diminuzione negli spostamenti e, di conseguenza, una riduzione del traffico di veicoli, a causa della chiusura delle scuole, dei luoghi di lavoro e delle attività industriali. Purtroppo, si sono registrati danni molto importanti all’economia mondiale ma, per la prima volta da molti anni, i paesi colpiti dall’epidemia e dalle relative restrizioni hanno potuto godere di nuovo di cieli azzurri, notti stellate e acque limpide di fiumi, laghi e mari.

Facilmente prevedibile il fatto che, da quando le misure restrittive sono state mitigate o in alcuni casi abolite, le emissioni di inquinanti hanno ripreso a crescere vertiginosamente, ragion per cui questo effetto temporaneo non ha potuto limitare/mitigare a lungo termine le conseguenze dell’inquinamento su mortalità e morbilità.

Questo periodo ha quindi sottolineato non solo tutto quello di cui l’inquinamento ci priva ma anche la necessità di sostenere ogni misura collettiva per migliorare la qualità dell’aria.

La campagna “Impegnati a smettere” dell'OMS per sensibilizzare alla lotta al fumo e all'inquinamento ambientale

Il fumo di sigaretta negli ultimi anni risulta in diminuzione soprattutto nei paesi occidentali ad alto reddito, mentre è in aumento nei paesi a basso sviluppo socioeconomico e nei paesi densamente popolati, come la Cina e l’India.

Questi due Paesi sono proprio quelli con maggiore inquinamento dell’aria esterna e domestica.

Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato recentemente la campagna “Impegnati a smettere”, il cui scopo è di far smettere di fumare 100 milioni di persone in un anno. L’iniziativa è accompagnata anche dalla challenge “Sfida per smettere di fumare”: attraverso il servizio di messaggistica WhatsApp sta girando un elenco con più di 100 motivi per smettere di fumare. 

Una delle novità più interessanti prevede il supporto di un operatore sanitario digitale 24 ore su 24, 7 giorni su 7, guidato dall’intelligenza artificiale. Il suo ruolo è quello di:

  • fornire instancabilmente informazioni accurate;
  • aiutare le persone a stilare un piano per smettere di fumare;
  • consigliare linee di assistenza e app di supporto.

Pier Mannuccio Mannucci - Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico

Giulia Molari - Dipartimento di Neuroscienze -Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

Raffaella Gatta - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, IRCCS - Content manager